Monti: "C'erano troppi rischi,
impegno di soldi imprevedibile".
La Lega plaude e il Pdl protesta.
Pd e Udc: "Scelta responsabile".
Petrucci: "E' mancato il rispetto"
roma
Venti minuti per far svanire un sogno. Il governo
Monti ha detto no, le Olimpiadi del 2020 Roma, ma soprattutto l’Italia
di oggi in crisi e costretta a tagli e sacrifici, non se le possono
permettere: il treno della speranza, partito due anni fa sotto quelle
che allora sembravano le più rosee aspettative con l’obiettivo di
riportare a Roma i Giochi a sessant’anni da quelli del 1960, ha fatto
l’ultima fermata a Palazzo Chigi.
Tanta anticamera per il mondo dello sport, due ore e mezza di attesa e poi una manciata di minuti, in una pausa del consiglio dei ministri, per ricevere dal premier la bocciatura. Nessun margine di trattativa, solo l’annuncio di un no che era nell’aria.
«Non ce la sentiamo di prendere un impegno finanziario che potrebbe gravare» sul Paese, dice il presidente del consiglio. Parole che aveva già detto alla delegazione pro-Roma formata dal presidente del comitato promotore Mario Pescante, dal sindaco capitolino Gianni Alemanno, dal presidente del Coni Gianni Petrucci (arrivati insieme alle 13.15 con l’aria già mesta e usciti alle 16.20 dal retro di Palazzo Chigi con l’amaro in bocca) e dall’ex sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta: sotto gli occhi del governo l’incubo della Grecia, che dopo i Giochi di Atene del 2004, ha vissuto il declino fino al default. Ma anche il timore che la macchina a cinque cerchi made in Italy si sarebbe trasformata in un buco nero di sprechi, così come avvenuto per altri grandi eventi.
Al mondo dello sport Monti ha detto che la sfida non era possibile perché troppo rischiosa sul piano finanziario, che non ci si poteva presentare in Europa a chiedere garanzie per l’Italia, impoverita e indebitata, e poi mettere sul tavolo finanziamenti miliardari (sebbene il budget di Roma 2020 fosse contenuto) per sostenere le Olimpiadi. Insomma «dire sì sarebbe stato irresponsabile». La bocciatura brucia perchè lo sport era convinto di farcela a portare la torcia a Roma, e adesso per riprovarci passeranno anni, o decenni secondo i più pessimisti. «È un’occasione persa, per i prossimi dieci anni scordatevi che si possa parlare dei Giochi in Italia» ha protestato Pescante, che aveva cominciato una delle sue giornate più lunghe al telefono con il presidente del Cio Jacques Rogge, per comunicargli con qualche ora di anticipo il no del governo: «La corsa di Roma finisce oggi» aveva detto Pescante. Il no pesa nella sostanza, ma anche nella forma: la comunicazione last minute, a 24 ore dal termine ultimo per presentare le garanzie al Cio: «L’amarezza è tanta, e avrei gradito maggiore rispetto: farci aspettare fino all’ultimo giorno non è stato bello. Io mi ero illuso...» lo sfogo di Petrucci in uno dei suoi giorni più amari da presidente Coni. «Ci ha detto "me ne dispiaccio", si figuri noi presidente!» continua il capo del Coni. Ma non vuole parlare di "schiaffo" allo sport: «È solo un no, e noi andiamo avanti già da domani: abbiamo Londra e restiamo forti. Non possiamo permetterci un’altra cosa così Peccato, perchè i tagli sono giusti, ma anche coltivare i sogni è giusto».
La mazzata la prende anche il sindaco di Roma, che chiude una dieci giorni di passione dopo il caos neve. Alemanno da mesi ripeteva la sua convinzione del sì del governo, e dopo il no arrivato senza se e senza ma si è alzato anche il tam tam di sue possibili dimissioni, prontamente smentite. «Rinunciare a una candidatura vincente significa non scommettere sul futuro» le parole del primo cittadino di Roma. Il «tema perfetto» per usare le parole di Petrucci non è bastato a convincere Monti: in queste ultime settimane il dossier è stato letto e riletto dall’entourage del premier. Ma i conti non tornavano: poi c’è stato il forcing di atleti, attori, politici, sindacalisti e industriali. Se il no fosse arrivato anche solo una settimana fa sarebbero stati sette giorni di campagne pro Giochi, di petizioni che forse il governo non voleva. Adesso arrivano la delusione dei campioni («da italiano il no mi rattrista» dice Francesco Totti), ma anche le battute soddisfatte dei leghisti che a Roma da sempre appellata ’ladronà avevano provato a sfilare anche i ministeri, figuriamoci se volevano le Olimpiadi. «Ottima decisione, a Roma fanno solo casino» il plauso di Umberto Bossi, per una sera in linea con quell’esecutivo che ha osteggiato fin dalle prime battute. «Non mancheranno altre occasioni per lo sport» prova a consolare tutti in serata il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha considerato con la massima attenzione le ragioni e le preoccupazioni del no del governo. Anche per il Quirinale sfuma il sogno: «We have a dream» aveva detto il capo dello stato lanciando quasi due anni fa in inglese la volata a Roma. Con un breve, italianissimo, «no», Monti quel sogno l’ha fatto svanire.
LE REAZIONI
Il no di Mario Monti alle Olimpiadi di Roma divide la maggioranza e, per una volta, fa segnare il plauso della Lega ad una decisione del governo dei tecnici. Un apprezzamento scandito nei modi e con le perifrasi tipiche del Carroccio che si rallegra per il no al "magna-magna" romano e all’Olimpiade degli sprechi. La difficile presa di posizione del governo spacca invece la maggioranza, con il Pdl molto irritato e compatto a fianco del sindaco Alemanno (che manda anche un segnale in Aula al Governo sullo svuota-carceri) e con Pd e Terzo Polo che si schierano a difesa della responsabilità e della serietà della decisione assunta dal premier. «Come italiano sono dispiaciuto. Ma è del tutto evidente che la decisione è esclusivamente di carattere finanziario» spiega il presidente della Camera, Gianfranco Fini ed anche il collega del Senato, Renato Schifani ammette: «Mi dispiace» ma, aggiunge, «in un momento difficile, tutti siamo chiamati a scelte difficili, anche se dolorose». L’ok a Monti dalla Lega arriva invece direttamente da Umberto Bossi che non si lascia sfuggire la sua stoccata: «A Roma fanno solo casino» dice e poi ironizza sulla recente neve caduta sulla Capitale: «Ad Alemanno Monti doveva dargli le olimpiadi invernali...». È «un’ occasione sprecata» sostiene al contrario il segretario del Pdl, Angelino Alfano, che si preoccupa: «Non può passare l’idea che l’Italia sia un Paese senza fiducia e senza speranza nel futuro».
«Il governo ha preso una decisione meditata, che rispettiamo», sostiene invece il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani secondo il quale «l’importante adesso è che questa scelta venga letta come segno di responsabilità e non di sfiducia in noi stessi». «Monti poteva dire un sì facile o un no difficile, ha scelto la strada della serietà» gli fa eco Pier Ferdinando Casini che evita, da parte sua, di gettare discredito sul sindaco di Roma. «Lo scaricabarile nei confronti di Alemanno non ci appassiona. Al sindaco di Roma facciamo opposizione in Campidoglio, non siamo sciacalli», dice Casini. Attacca, invece, l’ex sindaco Walter Veltroni. La gestione della candidatura è stata «faziosa, di parte, e non adeguata dal punto di vista dell’autorevolezza. Mi auguro che l’unico sport in cui il sindaco Alemanno eccelle, che è il lancio del barile, sia risparmiato ai romani». Ma la decisione, in parte attesa, viene soprattutto cavalcata dal Carroccio. «Sarebbe stata come l’ultima fatale overdose per un tossicodipendente» è la perifrasi azzardata di Roberto Calderoli che si dice stupito «dal masochismo che ogni giorno dimostra il Pdl». Protesta in coro tutto l’ex governo Berlusconi. «Non si vive di solo pane e banche» attacca Ignazio La Russa; «è un danno in termini di credibilità» si lamenta Giorgia Meloni mentre Altero Matteoli si augura che il Pdl «si faccia sentire con Monti per dire che non accettiamo questa sua decisione». «È un grave errore. Il primo grande errore di Mario Monti premier» chiosa Renato Brunetta.
Tanta anticamera per il mondo dello sport, due ore e mezza di attesa e poi una manciata di minuti, in una pausa del consiglio dei ministri, per ricevere dal premier la bocciatura. Nessun margine di trattativa, solo l’annuncio di un no che era nell’aria.
«Non ce la sentiamo di prendere un impegno finanziario che potrebbe gravare» sul Paese, dice il presidente del consiglio. Parole che aveva già detto alla delegazione pro-Roma formata dal presidente del comitato promotore Mario Pescante, dal sindaco capitolino Gianni Alemanno, dal presidente del Coni Gianni Petrucci (arrivati insieme alle 13.15 con l’aria già mesta e usciti alle 16.20 dal retro di Palazzo Chigi con l’amaro in bocca) e dall’ex sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta: sotto gli occhi del governo l’incubo della Grecia, che dopo i Giochi di Atene del 2004, ha vissuto il declino fino al default. Ma anche il timore che la macchina a cinque cerchi made in Italy si sarebbe trasformata in un buco nero di sprechi, così come avvenuto per altri grandi eventi.
Al mondo dello sport Monti ha detto che la sfida non era possibile perché troppo rischiosa sul piano finanziario, che non ci si poteva presentare in Europa a chiedere garanzie per l’Italia, impoverita e indebitata, e poi mettere sul tavolo finanziamenti miliardari (sebbene il budget di Roma 2020 fosse contenuto) per sostenere le Olimpiadi. Insomma «dire sì sarebbe stato irresponsabile». La bocciatura brucia perchè lo sport era convinto di farcela a portare la torcia a Roma, e adesso per riprovarci passeranno anni, o decenni secondo i più pessimisti. «È un’occasione persa, per i prossimi dieci anni scordatevi che si possa parlare dei Giochi in Italia» ha protestato Pescante, che aveva cominciato una delle sue giornate più lunghe al telefono con il presidente del Cio Jacques Rogge, per comunicargli con qualche ora di anticipo il no del governo: «La corsa di Roma finisce oggi» aveva detto Pescante. Il no pesa nella sostanza, ma anche nella forma: la comunicazione last minute, a 24 ore dal termine ultimo per presentare le garanzie al Cio: «L’amarezza è tanta, e avrei gradito maggiore rispetto: farci aspettare fino all’ultimo giorno non è stato bello. Io mi ero illuso...» lo sfogo di Petrucci in uno dei suoi giorni più amari da presidente Coni. «Ci ha detto "me ne dispiaccio", si figuri noi presidente!» continua il capo del Coni. Ma non vuole parlare di "schiaffo" allo sport: «È solo un no, e noi andiamo avanti già da domani: abbiamo Londra e restiamo forti. Non possiamo permetterci un’altra cosa così Peccato, perchè i tagli sono giusti, ma anche coltivare i sogni è giusto».
La mazzata la prende anche il sindaco di Roma, che chiude una dieci giorni di passione dopo il caos neve. Alemanno da mesi ripeteva la sua convinzione del sì del governo, e dopo il no arrivato senza se e senza ma si è alzato anche il tam tam di sue possibili dimissioni, prontamente smentite. «Rinunciare a una candidatura vincente significa non scommettere sul futuro» le parole del primo cittadino di Roma. Il «tema perfetto» per usare le parole di Petrucci non è bastato a convincere Monti: in queste ultime settimane il dossier è stato letto e riletto dall’entourage del premier. Ma i conti non tornavano: poi c’è stato il forcing di atleti, attori, politici, sindacalisti e industriali. Se il no fosse arrivato anche solo una settimana fa sarebbero stati sette giorni di campagne pro Giochi, di petizioni che forse il governo non voleva. Adesso arrivano la delusione dei campioni («da italiano il no mi rattrista» dice Francesco Totti), ma anche le battute soddisfatte dei leghisti che a Roma da sempre appellata ’ladronà avevano provato a sfilare anche i ministeri, figuriamoci se volevano le Olimpiadi. «Ottima decisione, a Roma fanno solo casino» il plauso di Umberto Bossi, per una sera in linea con quell’esecutivo che ha osteggiato fin dalle prime battute. «Non mancheranno altre occasioni per lo sport» prova a consolare tutti in serata il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha considerato con la massima attenzione le ragioni e le preoccupazioni del no del governo. Anche per il Quirinale sfuma il sogno: «We have a dream» aveva detto il capo dello stato lanciando quasi due anni fa in inglese la volata a Roma. Con un breve, italianissimo, «no», Monti quel sogno l’ha fatto svanire.
LE REAZIONI
Il no di Mario Monti alle Olimpiadi di Roma divide la maggioranza e, per una volta, fa segnare il plauso della Lega ad una decisione del governo dei tecnici. Un apprezzamento scandito nei modi e con le perifrasi tipiche del Carroccio che si rallegra per il no al "magna-magna" romano e all’Olimpiade degli sprechi. La difficile presa di posizione del governo spacca invece la maggioranza, con il Pdl molto irritato e compatto a fianco del sindaco Alemanno (che manda anche un segnale in Aula al Governo sullo svuota-carceri) e con Pd e Terzo Polo che si schierano a difesa della responsabilità e della serietà della decisione assunta dal premier. «Come italiano sono dispiaciuto. Ma è del tutto evidente che la decisione è esclusivamente di carattere finanziario» spiega il presidente della Camera, Gianfranco Fini ed anche il collega del Senato, Renato Schifani ammette: «Mi dispiace» ma, aggiunge, «in un momento difficile, tutti siamo chiamati a scelte difficili, anche se dolorose». L’ok a Monti dalla Lega arriva invece direttamente da Umberto Bossi che non si lascia sfuggire la sua stoccata: «A Roma fanno solo casino» dice e poi ironizza sulla recente neve caduta sulla Capitale: «Ad Alemanno Monti doveva dargli le olimpiadi invernali...». È «un’ occasione sprecata» sostiene al contrario il segretario del Pdl, Angelino Alfano, che si preoccupa: «Non può passare l’idea che l’Italia sia un Paese senza fiducia e senza speranza nel futuro».
«Il governo ha preso una decisione meditata, che rispettiamo», sostiene invece il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani secondo il quale «l’importante adesso è che questa scelta venga letta come segno di responsabilità e non di sfiducia in noi stessi». «Monti poteva dire un sì facile o un no difficile, ha scelto la strada della serietà» gli fa eco Pier Ferdinando Casini che evita, da parte sua, di gettare discredito sul sindaco di Roma. «Lo scaricabarile nei confronti di Alemanno non ci appassiona. Al sindaco di Roma facciamo opposizione in Campidoglio, non siamo sciacalli», dice Casini. Attacca, invece, l’ex sindaco Walter Veltroni. La gestione della candidatura è stata «faziosa, di parte, e non adeguata dal punto di vista dell’autorevolezza. Mi auguro che l’unico sport in cui il sindaco Alemanno eccelle, che è il lancio del barile, sia risparmiato ai romani». Ma la decisione, in parte attesa, viene soprattutto cavalcata dal Carroccio. «Sarebbe stata come l’ultima fatale overdose per un tossicodipendente» è la perifrasi azzardata di Roberto Calderoli che si dice stupito «dal masochismo che ogni giorno dimostra il Pdl». Protesta in coro tutto l’ex governo Berlusconi. «Non si vive di solo pane e banche» attacca Ignazio La Russa; «è un danno in termini di credibilità» si lamenta Giorgia Meloni mentre Altero Matteoli si augura che il Pdl «si faccia sentire con Monti per dire che non accettiamo questa sua decisione». «È un grave errore. Il primo grande errore di Mario Monti premier» chiosa Renato Brunetta.
E cosi ci tagliamo fuori anche anche da un'evento sportivo mondiale, evento che avrebbe potuto portare gente da tutto il mondo e poter dare la spinta almeno al mercato delle turismo. mah...
RispondiEliminaChe ne pensate voi???
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