giovedì 16 febbraio 2012

CURIA: vietato imporre filtri preventivi al Web


La Corte di Giustizia Europea ha emesso una importante sentenza che, oltre al dirimere una questione che affonda le proprie origini negli anni passati, stabilisce alcuni punti fermi estremamente attuali ed al tempo stesso fondamentali per quel che sarà il rapporto con la proprietà intellettuale in futuro.
La sentenza C182/10 è quella relativa al caso SABAM vs Netlog, nel quale la prima (“Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs”, l’omologa belga dell’italiana SIAE) chiedeva alla controparte la predisposizione di filtri preventivi atti ad evitare il caricamento di materiale pirata sulle proprie pagine, agendo a priori tramite tecnologie in grado di censurare tutto quel che di illecito gli utenti potrebbero caricare nel tempo. Tale principio viene però respinto dalla CURIA, la quale porta a sostegno della propria tesi tutta una serie di argomentazioni riassumibili in una semplice scelta di opportunità.
La Curia non fa che ribadire quanto già espresso a suo tempo: la proprietà intellettuale non può essere garantita in modo assoluto e l’imposizione di strumenti che perseguano tale finalità non può pertanto essere considerata lecita. Richiamando a più riprese la sentenza Scarlet, la CURIA respinge pertanto la richiesta di apposizione di filtri preventivi su di un social network (e per estensione ad altri servizi di medesima natura) ricordando ai legislatori nazionali come tale espediente non possa essere intimato sulla base di una serie di assiomi:

Equità, proporzionalità ed onere

Di conseguenza, le medesime norme devono rispettare, segnatamente, l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2000/31, che vieta alle autorità nazionali di adottare misure che impongano ad un prestatore di servizi di hosting di procedere ad una sorveglianza generalizzata sulle informazioni che esso memorizza [...] A questo riguardo, la Corte ha già dichiarato che siffatto divieto abbraccia, in particolare, le misure nazionali che obblighino un prestatore intermedio, come un prestatore di servizi di hosting, a realizzare una sorveglianza attiva su tutti i dati di ciascuno dei suoi clienti per prevenire qualsiasi futura violazione di diritti di proprietà intellettuale. Peraltro, un siffatto obbligo di sorveglianza generale sarebbe incompatibile con l’articolo 3 della direttiva 2004/48, il quale enuncia che le misure contemplate da detta direttiva devono essere eque, proporzionate e non eccessivamente costose.

Divieto di sorveglianza generalizzata

[...] occorre dichiarare che l’ingiunzione rivolta al prestatore di servizi di hosting di predisporre il sistema di filtraggio controverso lo obbligherebbe a procedere ad una sorveglianza attiva della quasi totalità dei dati relativi a ciascuno degli utenti dei suoi servizi, onde prevenire qualsiasi futura violazione di diritti di proprietà intellettuale. Ne consegue che la suddetta ingiunzione imporrebbe al prestatore di servizi di hosting una sorveglianza generalizzata, vietata dall’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2000/31.

Bilanciamento dei diritti

Sebbene la tutela del diritto di proprietà intellettuale sia sancita dall’articolo 17, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), non può desumersi né da tale disposizione né dalla giurisprudenza della Corte che tale diritto sia intangibile e che la sua tutela debba essere garantita in modo assoluto. Come emerge, infatti, dai punti 62‑68 della sentenza del 29 gennaio 2008, Promusicae (C‑275/06, Racc. pag. I‑271), la tutela del diritto fondamentale di proprietà, di cui fanno parte i diritti di proprietà intellettuale, deve essere bilanciata con quella di altri diritti fondamentali. Più precisamente, dal punto 68 di tale sentenza emerge che è compito delle autorità e dei giudici nazionali, nel contesto delle misure adottate per proteggere i titolari di diritti d’autore, garantire un giusto equilibrio tra la tutela di tali diritti e quella dei diritti fondamentali delle persone su cui incidono dette misure. Pertanto, in circostanze come quelle del procedimento principale, le autorità ed i giudici nazionali devono, in particolare, garantire un giusto equilibrio tra la tutela del diritto di proprietà intellettuale, di cui godono i titolari di diritti d’autore, e quella della libertà d’impresa, di cui beneficiano operatori quali i prestatori di servizi di hosting in forza dell’articolo 16 della Carta.

Libertà di impresa

Un’ingiunzione di questo genere causerebbe, quindi, una grave violazione della libertà di impresa del prestatore di servizi di hosting, poiché l’obbligherebbe a predisporre un sistema informatico complesso, costoso, permanente e unicamente a sue spese, il che risulterebbe peraltro contrario alle condizioni stabilite dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/48, il quale richiede che le misure adottate per assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale non siano inutilmente complesse o costose (v., per analogia, sentenza Scarlet Extended, cit., punto 48). Occorre pertanto dichiarare che l’ingiunzione di predisporre il sistema di filtraggio controverso non può considerarsi conforme all’esigenza di garantire un giusto equilibrio tra, da un lato, la tutela del diritto di proprietà intellettuale, di cui godono i titolari dei diritti d’autore, e, dall’altro, quella della libertà d’impresa, di cui beneficiano operatori come i prestatori di servizi di hosting (v., per analogia, sentenza Scarlet Extended, cit., punto 49).

Libertà di informazione

[...] detta ingiunzione rischierebbe di ledere la libertà di informazione, poiché tale sistema potrebbe non essere in grado di distinguere adeguatamente tra un contenuto illecito ed un contenuto lecito, sicché il suo impiego potrebbe produrre il risultato di bloccare comunicazioni aventi un contenuto lecito. Infatti, è indiscusso che la questione della liceità di una trasmissione dipende anche dall’applicazione di eccezioni di legge al diritto d’autore che variano da uno Stato membro all’altro. Inoltre, in determinati Stati membri talune opere possono rientrare nel pubblico dominio o possono essere state messe in linea a titolo gratuito da parte dei relativi autori. Pertanto, occorre dichiarare che, adottando un’ingiunzione che costringa il prestatore di servizi di hosting a predisporre il sistema di filtraggio controverso, il giudice nazionale in questione non rispetterebbe l’obbligo di garantire un giusto equilibrio tra il diritto di proprietà intellettuale, da un lato, e la libertà di impresa, il diritto alla tutela dei dati personali e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni, dall’altro.
Occorre ricordare come la Corte di Giustizia avrà presto sulla propria scrivania anche il testo dell’ACTA, sulla quale dovrà esprimere un giudizio valido come consulenza per il Parlamento Europeo prima del voto definitivo sull’accordo. Anche in quel caso saranno oggetto del contendere il bilanciamento dei diritti, gli strumenti di tutela della proprietà intellettuale e la distribuzione delle responsabilità tra host e titolari dei diritti.


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