martedì 21 febbraio 2012

RAI, il Canone Speciale scatena la rivolta


Qualcuno la chiamerà “la rivolta del popolo del Web”, ignorando in ciò due elementi fondamentali: primo, che il “popolo del Web” non esiste; secondo, che il “popolo del Web” è in realtà anzitutto il “popolo della televisione” che, pungolato nel portafoglio, riversa sul Web la propria protesta contro un balzello che rischia di costare molto caro.
La vicenda è nota: secondo quando emerso, infatti, la RAI farebbe leva sul decreto Salva Italia per portare in esecuzione l’obbligo al pagamento di un Canone Speciale per tutte le aziende che in ufficio abbiano uno schermo presso il quale accedere potenzialmente a trasmissioni televisive (qualunque computer connesso in Rete, insomma). La protesta su Twitter è feroce ormai da giorni, il passaparola su Facebook popola le bacheche degli italiani e le associazioni dei consumatori stanno per scendere in campo chiedendo al Governo Monti di imporre una immediata marcia indietro.
Il Canone Speciale è dovuto, secondo quanto spiegato dal sito RAI, da «coloro che detengono uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radio televisive in esercizi pubblici, in locali aperti al pubblico o comunque fuori dell’ambito familiare, o che li impiegano a scopo di lucro diretto o indiretto». Una apposita tabella esplicita gli oneri per varie categorie, ma anche in questo catalogo l’inquadramento di schermi per pc (nonché tablet o smartphone) risulta impossibile, fuori da ogni logica e privo di merito.
L’ADOC promette di ricorrere alle autorità contro quello che viene giudicato come un abuso:
I privati e le famiglie e tutte le associazioni senza fini di lucro, sociali e sportive, che non possiedono la televisione ma sono solo dotate di computer e dispositivi simili non possono e non devono in alcun modo essere obbligate a pagare il canone. Stiamo ricevendo centinaia di segnalazioni di privati, che invieremo all’Authority e alla Polizia Postale per segnalare gli abusi, che affermano di aver ricevuto richieste di pagamento da parte della Rai per il solo fatto di avere un computer, e che si sono visti arrivare a casa ispettori che a nostro avviso non sono legittimati, in quanto i controlli dovrebbe farli solo la Guardia di Finanza. L’Adoc è quindi pronta a fare ricorso contro tali abusi di diritto.
Il Codacons per contro pone in evidenza l’errore su cui matura la pressione della RAI e chiede un incontro urgente con l’azienda di Viale Mazzini per trovare un punto di incontro:
È evidente, infatti, che costringere al pagamento del canone speciale tutti quelli che hanno un computer, indipendentemente dall’uso che ne fanno, è assurdo e anacronistico. Si tratta, cioè, di una interpretazione arbitraria e fiscale che la Rai dà del Regio Decreto Legge del 1938. È ovvio, infatti, che quella definizione di apparecchio atto od adattabile alla ricezione di programmi va applicata agli strumenti esistenti all’epoca, al momento dell’entrata in vigore della legge, quando la tv nemmeno esisteva e non certo alle tecnologie di oggi, altrimenti tanto varrebbe dire che ogni nucleo famigliare deve comunque pagare il canone, visto che si può navigare in internet non solo con un computer ma anche con uno smartphone.

1 commento:

  1. "il “popolo del Web” non esiste; secondo, che il “popolo del Web” è in realtà anzitutto il “popolo della televisione” che, pungolato nel portafoglio, riversa sul Web la propria protesta contro un balzello che rischia di costare molto caro."
    Allora caro mio...siccome io non esisto e tu si, me lo paghi tu il canone per la mia azienda???
    Claudia

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