mercoledì 22 febbraio 2012

Lavoro, i candidati si scelgono su Facebook


Facebook, non c’è dubbio, è in grado di riflettere la nostra personalità, perciò per quale motivo non dovrebbe essere terreno di sperimentazione dei test nati per valutarla? Il principio è alla base di uno studio dell’Università dell’Illinois intitolato “Social Networking Websites, Personality Ratings, and the Organizational Context: More Than Meets the Eye?” che apre uno scenario inedito: utilizzare il più famoso social network come strumento predittivo delle performance sul lavoro.
Dimmi come sei su Facebook e ti dirò come ti comporti sul posti di lavoro, si potrebbe semplificare. La ricerca, guidata dal professor Don Kluemper, potrebbe avere un impatto significativo sulle misure adottate dalle imprese per valutare l’idoneità dei nuovi dipendenti. Questo stante i paletti a cui sono sottoposte molte legislazioni (compresa l’Italia) che non considerano legittimo utilizzare le informazioni sui social network per la scelta del personale o il loro licenziamento, a meno di accordi scritti con i dipendenti.
Per valutare il grado di predittività di Facebook in questa particolare area, i ricercatori hanno reclutato quattro head hunter professionisti, incaricati di valutare 56 profili di studenti secondo le loro tradizionali griglie, che richiedono circa dieci minuti. Sei mesi dopo, quelle valutazioni sono state messe a confronto con quelle dei supervisori degli studenti: risultati quasi identici. Ottima valutazione d’acchitto, ottimo studente. Criticità dei selezionatori di personale, studente svogliato.


Messo alla prova il test coi risultati accademici, lo studio ipotizza che Facebook sia un potenziale test anche per il successo nel lavoro, anzi, possa aiutare a capire meglio di un test di intelligenza (molto in voga negli Stati Uniti nelle grandi società) quali candidati scegliere. D’altra parte, un sondaggio della Microsoft del 2011 ha rivelato che il 70% degli specialisti di risorse umane respingono i candidati sulla base delle informazioni trovate sul web.
Ma gli autori dello studio sono anche i primi a frenare su questa ipotesi: pochi elementi statistici e molti casi di pratiche ingiuste e condannate di spionaggio dei profili da parte delle aziende suggeriscono di andarci cauti. Ma gli head hunter sembrano saperlo già, visto che nello studio si sottolinea come le immagini di feste o altri elementi che talvolta un candidato corre a cancellare dalla propria timeline per paura di essere beccato non hanno influito.
Resta però un metodo da chiarire e approfondire – magari con l’intervento della legislazione del lavoro – e una tentazione che Kluemper così riassume:
Penso che una delle differenze sia che cambia il quadro di riferimento. Vuoi chiedere al candidato se è un gran lavoratore: su un test della personalità al dipendente verrebbe chiesto “Che tipo di gran lavoratore sei?”. Una delle critiche ai test di personalità è che possono essere falsificati. In una pagina di Facebook è molto più difficile (…) Ogni domanda che un reclutatore non può o non riesce a fare ha una risposta su Facebook.

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